Intelligenza artificiale e centralità dell’essere umano. Il 2025 sarà l’anno che consacrerà l’utilizzo dell’AI nel mondo del lavoro. Dal recruiting all’onboarding al lifelong learning: le HR non potranno più fare a meno dell’AI. Al contempo, con la consapevolezza che le organizzazioni sono fatte di persone, l’integrazione tra il fattore tecnologico e il fattore umano sarà sempre più importante.
Secondo il report stilato dalla società di consulenza globale Gartner che ha intervistato più di 1.400 leader delle risorse umane in oltre 60 Paesi, in tutti i principali settori industriali, le cinque priorità del 2025 riguarderanno:
- l’investimento sulla crescita del management e della leadership,
- la diffusione di una cultura organizzativa organica e coerente,
- la pianificazione strategica della forza lavoro,
- il miglioramento della gestione dei cambiamenti,
- l’adozione di nuove strategie tecnologiche che vadano oltre la semplice automazione, ottimizzando il valore aziendale attraverso strumenti di AI generativa.
Le aziende, infatti, saranno chiamate a investire sempre di più nella creazione vasti dataset su cui far lavorare algoritmi di intelligenza artificiale per prendere decisioni ottimali nella gestione del capitale umano, per ottimizzare i processi di recruiting e migliorare l’organizzazione. Lo scouting e la gestione delle risorse umane, in particolare, saranno centrali per garantire la competitività delle imprese nel nuovo anno e negli anni a venire. Già oggi, come dimostrano recenti ricerche di McKinsey, il 65% delle organizzazioni utilizza l’AI generativa in almeno una funzione aziendale (+33% rispetto al 2023).
Guardando in dettaglio il recruiting, l’AI sarà un partner sempre più affidabile per scovare il candidato o la candidata con le competenze più in linea rispetto alle esigenze aziendali. L’AI consente infatti di semplificare e velocizzare il processo di selezione, automatizzando le attività tipicamente non-core che occupano buona parte del tempo dei team HR. Un processo più snello ed efficiente libera risorse utilizzabili in contesti a maggior potenziale e, al contempo, assicura una maggiore soddisfazione anche per i candidati. Anche chi non è in linea con una posizione, ad esempio, non verrà “ghostato”, ma riceverà un feedback prezioso dall’azienda e avrà la certezza che il suo curriculum non vada perso, ma anzi, vada a nutrire il database dell’organizzazione, in vista di future opportunità.
Rendere la candidate experience piacevole è un altro aspetto troppo a lungo sottovalutato dalle aziende e ora, definitivamente, riscoperto. Nel 2025, i/le candidati/e saranno sempre più centrali nei processi di selezione, con proposte empatiche e personalizzate. Dimenticate i vecchi colloqui in cui i/le candidati/e venivano messi sotto pressione: oggi il processo di selezione punta a creare una relazione, affinchè ogni persona possa esprimere al meglio il proprio potenziale. Con nCore, ad esempio, è possibile inviare una candidatura direttamente tramite WhatsApp, sostenere una video intervista asincrona o effettuare un test di assessment sulle proprie competenze hard e soft per farsi conoscere dalle aziende e dai recruiter in modo tempestivo ma approfondito, mostrando la propria unicità come candidato/a senza ostacoli o barriere di sorta.
L’AI può supportare questo processo in molti modi, a partire dalla maggiore inclusività del percorso di selezione. Aiuta, infatti, chi si occupa di recruiting a gestire bias cognitivi e pregiudizi inconsci, prendendo decisioni consapevoli e non discriminanti. Attraverso l’AI è possibile assicurare una pipeline di candidati diversificati durante l’intera fase di selezione evitando sottorappresentazioni. L’AI può aiutare anche a scrivere delle job description inclusive, con linguaggio neutrale rispetto al genere ed evitando argomenti che esulino dalle competenze professionali. Creare, fin dalla fase di selezione, un pool di talenti diversificati per genere, età, cultura, provenienza, etnia, mettendo al centro politiche di diversity, equity and inclusion, genera vantaggi importanti sia in termini etici che in termini di competitività. Le aziende che hanno una forza lavoro diversificata hanno performance migliori: +19% dei profitti, + 70% penetrazione in nuovi mercati, + 87% di efficacia decisionale.
Un altro aspetto cruciale per il 2025 e direttamente legato alle priorità già citate è l’employer branding: in un contesto storico segnato dalla sempre maggiore difficoltà delle imprese a non trovare il personale con le competenze di cui hanno bisogno, l’employer branding diventa essenziale per nutrire la propria reputazione aziendale e identificare candidati in linea con i propri valori e le proprie aspettative. Integrare l’intelligenza artificiale in questo processo aiuta a creare un ambiente di lavoro più attrattivo. Inoltre, alcune ricerche dimostrano che strategie di attraction e recruiting efficaci, hanno un effetto anche sulla retention: se il matching è migliore, le persone tendono a sentirsi più coinvolte quindi meno propense ad abbandonare l’azienda di cui sono entrate a far parte. Centrale è, in questo senso, anche l’adozione di programmi di welfare e wellbeing che rendano i contesti di lavoro più inclusivi, sostenibili e coerenti rispetto ai valori e alle esigenze del nuovo capitale umano, sempre più composto da una pluralità di generazioni e di esperienze.
AI e persone, in definitiva, saranno le due parole chiave delle HR 2025. Le aziende che sapranno far dialogare queste due dimensioni, integrandole, sperimentando, innovando, saranno quelle che riusciranno ad attirare le competenze migliori e a distinguersi sul mercato nazionale e globale.