La digitalizzazione, vero e proprio must have per qualsiasi impresa che voglia guardare al futuro, entra sempre di più nei reparti HR. Le possibilità offerte dal digitale e dalle nuove tecnologie potenziano, di fatto, l’operato delle risorse umane, rendendole sempre più strategiche per il business.
Quanto vale l’HR Tech?
Come conferma uno studio condotto da Growth Capital e Cosmico, il mercato dell’HR Tech – ovvero le soluzioni digitali dedicate alla gestione del personale – nel 2021 era pari a 53,1 miliardi di dollari, con una crescita media annua dell’11,6%. Entro il 2025 si stima che possa arrivare a sfiorare i 90 miliardi di dollari. In Europa, siamo intorno ai 7 miliardi di dollari con Germania, Regno Unito e Francia in prima linea, mentre in Italia il valore del comparto è pari a circa 700 milioni, anche in questo caso con previsioni di crescita.
Secondo un’ulteriore ricerca dell’Osservatorio Zucchetti, in Italia, il 65% delle aziende di piccole e medie dimensioni e il 73% delle grandi, crede che sarà soprattutto l’Intelligenza Artificiare a generare un impatto trasformativo sul lavoro dell’HR, in particolare nell’analisi dei dati, nei processi amministrativi (paghe e presenze) e nella gestione degli annunci di lavoro. Lo stesso Osservatorio, basandosi su un campione di oltre 1.200 aziende, rileva che per il 73% delle realtà intervistate concentrarsi l’introduzione dell’intelligenza artificiale sarà una priorità. A ciò si aggiunge il fatto che il 33% delle imprese ha indicato la digitalizzazione e l’automazione dei processi HR come fondamentali per il futuro, non solo perché ottimizzano l’efficienza operativa, ma anche perché aiutano a ridurre gli errori umani, migliorano la capacità decisionale e favoriscono, di conseguenza, un miglioramento delle performance. Fattori che incidono anche sul benessere dei team, migliorando le dinamiche di engagement e riducendo il turnover. Vediamo in dettaglio.
L’impatto della tecnologia nel comparto HR
Il digitale assicura una maggiore competitività e produttività. Come molti altri settori, anche le risorse umane, hanno bisogno di efficientare alcuni processi, affidando ai sistemi tecnologici le operazioni più rutinarie e liberando tempo e risorse di qualità da dedicare alle attività a maggior valore aggiunto. Gli ATS (Applicant Tracking System), ad esempio, sono sempre più usati nella fase di recruiting perché aiutano a effettuare un primo screening dei curricola, matchando con efficacia le abilità richieste dalle aziende e le competenze offerte dai candidati.
Un’altra motivazione importante per utilizzare la tecnologia nell’HR riguarda la raccolta e l’utilizzo dei dati: non solo i dati consentono di prendere decisioni qualificate, basate su parametri oggettivi, ma consentono anche di creare uno storico da cui attingere anche in altri momenti della vita aziendale. Ancora una volta, il recruiting è d’esempio: i CV che non superano la selezione per una posizione, anziché andare persi, se conservati, possono essere ripescati per una selezione successiva, riducendo costi e tempi da dedicare alla selezione.
La tecnologia è inoltre particolarmente utile per creare percorsi di upskilling e reskilling personalizzati, per sostenere lo sviluppo delle carriere (MbO), per promuovere percorsi di wellbeing, ma anche per favorire la comunicazione all’interno dell’azienda, stimolando così l’engagement del personale. Ma HR Tech significa anche: semplificazione della gestione delle attività amministrative, creazione degli organigrammi, sviluppo di programmi di compensation & benefit e di sistemi di valutazione, gestione strutturata dei feedback, soluzioni per l’onboarding e miglioramento del clima aziendale.
Un altro aspetto tutt’altro che secondario che dovrebbe spingere le aziende e i reparti HR, in particolare, a investire in tecnologia, riguarda la gestione del lavoro da remoto o ibrido. Una modalità ormai sempre più richiesta dal capitale umano e che per essere veicolata necessita – oltre che di una cultura appropriata – anche di tecnologie adeguate.
I trend principali dell’HR Tech
Ricapitolando, quindi, le aree in cui vedremo una sempre maggiore applicazione delle tecnologie HR saranno: l’attraction, la retention e il management del capitale umano. Gartner afferma che il 90% dei responsabili HR aumenterà o manterrà i budget destinati all’innovazione in questo settore, guardando in particolare all’area della People Analytics Technology. A oggi, infatti, sempre secondo il colosso globale della consulenza, meno del 20% delle aziende dispone di dati significativi sui propri lavoratori. Investendo su questo aspetto, invece, è possibile migliorare la ricerca ma anche la gestione del personale, ottenendo anche insight predittivi sull’organizzazione. Imput preziosi per chi si occupa di HR ma anche per CEO e CFO.
Un’altra opportunità offerta dalla tecnologia al settore HR riguarda la scrittura delle job description: l’AI può aiutare chi si occupa di recruiting nel presentare efficacemente una posizione, facendo emergere le competenze necessarie, valorizzando il brand e migliorando l’intero processo di ricerca e selezione. Sempre più diffuso è, inoltre, l’utilizzo della video intervista: uno strumento che consente di misurare le soft skills dei candidati attraverso alcune specifiche funzionalità basate sullo studio del volto, del tono della voce e della mimica. Ancora: la tecnologia consente di mantenere una comunicazione attiva con i candidati durante tutto il percorso di selezione e di dare feedback – anche negativi, se necessario – in tempo utile, evitando attese e ghosting.
L’HR Tech entra nei budget
Per tutte le ragioni elencate in precedenza, l’investimento in tecnologia sta conquistando spazi sempre più importanti all’interno dei budget HR. Come noto, infatti, la stesura del budget una delle fasi più delicate ma al contempo più importanti di un’azienda. È fondamentale valutare la struttura attuale del personale e gli obiettivi di crescita di business, per poter pianificare l’ampliamento (o viceversa, lo snellimento) del capitale umano.
Nell’analisi dei costi del personale, oltre al costo legato alla RAL (Retribuzione Annua Lorda), benefit, contributi previdenziali e assicurativi, TFR, mensilità aggiuntive (tredicesima e quattordicesima), ferie, formazione e molto altro, è fondamentale tenere presente anche i costi legati alla ricerca e all’assunzione di nuove risorse, così come tutti i costi legati al turnover o al quite quitting. Avere un alto tasso di abbandono significa dover impiegare tempo e risorse per cercare nuovo personale, per formarlo, per farlo entrare a tutti gli effetti all’interno delle dinamiche aziendali. Al tempo stesso, avere personale che non si dimette, ma che è profondamente disconnesso dalla mission del proprio lavoro, abbassa la produttività (oltre che il morale collettivo) e genera a sua volta un costo. Utilizzare piattaforme che consentono di monitorare il sentiment dell’organico può essere un valido supporto, da considerare quindi anche in fase di budgeting.