In un momento storico in cui l’equilibrio vita-lavoro è diventato uno degli argomenti più discussi, il fenomeno del burnout non è ancora, purtroppo, un ricordo del passato. Molti lavoratori si trovano sempre in situazioni di stress estremo dovuto al lavoro.
L’Organizzazione Mondiale della Salute definisce la sindrome da burnout o stress lavoro correlato come risultato di uno stress cronico sul posto di lavoro che non è stato adeguatamente gestito. Tra le caratteristiche del burnout, l’OMS cita le seguenti:
- sensazioni di esaurimento o di stanchezza;
- aumento della distanza mentale dal proprio lavoro, o sentimenti di negatività o cinismo legati al proprio lavoro;
- riduzione della performance lavorativa.
Ovviamente, anche i professionisti del settore HR, tra cui coloro che si occupano direttamente della selezione del personale, non sono immuni ai sintomi di esaurimento causato da un carico di lavoro sproporzionato e dalle aspettative sempre più difficili da soddisfare.
Un’analisi approfondita di questo fenomeno è essenziale non solo per il benessere individuale dei recruiter, ma anche per il successo a lungo termine delle aziende che affidano loro la missione di costruire il loro capitale umano.
Come può manifestarsi la Sindrome da Burnout
Il burnout può manifestarsi attraverso una gamma complessa di sintomi fisici ed emotivi che riflettono il peso delle pressioni quotidiane.
- A livello fisico, i recruiter possono sperimentare affaticamento cronico, disturbi del sonno, e tensione muscolare, che spesso derivano dalla costante attività di ricerca, colloqui e gestione delle aspettative di candidati e aziende.
- Emotivamente, il burnout può presentarsi attraverso una crescente sensazione di svuotamento emotivo, scarsa motivazione e un atteggiamento distante verso il lavoro. L’ansia e l’irritabilità possono diventare delle costanti, mentre la capacità di concentrarsi e prendere decisioni può deteriorarsi progressivamente.
- Il burnout nei recruiter si manifesta spesso anche attraverso un cambiamento nelle dinamiche relazionali. La tendenza a isolarsi dal team, l’irritabilità crescente e una percezione distorta delle proprie competenze possono influenzare negativamente la collaborazione e la comunicazione interna. La sensazione di essere sopraffatti dalle richieste del lavoro può portare a una riduzione della produttività e della soddisfazione professionale.
Riconoscere questi sintomi è cruciale per intervenire tempestivamente e prevenire il deterioramento della salute e del benessere dei recruiter. Un’analisi attenta e la consapevolezza di questi segnali possono essere i primi passi fondamentali per affrontare il burnout e creare un ambiente lavorativo più sano e sostenibile per coloro che svolgono un ruolo così cruciale nella costruzione del team e nella crescita delle organizzazioni.
Quali possono essere le cause del Burnout
Prendere consapevolezza delle cause dello stress lavoro-correlato è fondamentale per iniziare ad agire e a combattere il burnout nel contesto lavorativo. Le seguenti sono alcune delle cause principali del burnout nei recruiter in questo momento storico:
- Avvento del remote-work dopo la pandemia. Con l’avvento del lavoro remoto, i recruiter si sono trovati improvvisamente a gestire un cambiamento radicale nella loro routine lavorativa. La transizione da colloqui in presenza a interviste virtuali e l’organizzazione di processi di selezione digitalizzati hanno richiesto un aggiornamento rapido delle competenze e la familiarità con nuovi strumenti tecnologici. Questo adattamento ha aumentato lo stress e la pressione per garantire che il processo di selezione non subisca rallentamenti significativi.
- Difficoltà a trovare un work-life balance. Per i recruiter, come per molti lavoratori in condizioni simili, il confine tra lavoro e vita privata è diventato sempre più sfumato. Il lavoro remoto, sebbene offra flessibilità, ha anche portato a una maggiore difficoltà nel definire i limiti tra gli impegni professionali e personali. Questo squilibrio ha contribuito al senso di affaticamento costante, con i recruiter che possono sentirsi costantemente connessi e sotto pressione.
- Intensificazione del carico di lavoro. La necessità di riorganizzare i processi di selezione in risposta alla pandemia ha spesso comportato un aumento del carico di lavoro per i recruiter. La ricerca di candidati adatti in tempi più brevi, la gestione dei processi di onboarding in modalità parzialmente o completamente digitale e la necessità di coprire ruoli urgenti hanno contribuito all’incremento della pressione e dello stress.
- Strumenti digitali non sempre idonei. L’utilizzo di strumenti tecnologici è diventato cruciale nel lavoro quotidiano dei recruiter. Tuttavia, l’adattamento a nuovi software e la gestione di piattaforme non sempre efficienti possono aggiungere ulteriore complessità e frustrazione al loro lavoro quotidiano.
- Pressione da parte del management. La necessità di coprire ruoli in tempi stretti, combinata con la pressione da parte del management, può creare un ambiente lavorativo stressante per i recruiter. La ricerca di candidati qualificati entro scadenze stringenti può portare a una percezione di “tanti sforzi, pochi risultati”.
Come poter prevenire la Sindrome da Burnout
Chiaramente, per prevenire il burnout dei professionisti della selezione del personale non è sufficiente riconoscerne i sintomi e le cause. Per un cambiamento concreto è necessario intraprendere delle azioni reali per salvaguardare il benessere dei recruiter e implementare strategie preventive mirate per contrastare il rischio di burnout. Ecco alcuni suggerimenti per creare un ambiente sano ed equilibrato:
- Promuovere un approccio volto all’equilibrio tra lavoro e vita privata: la possibilità di adattare gli orari di lavoro alle esigenze personali contribuisce a ridurre lo stress legato alle pressioni del tempo e favorisce una maggiore soddisfazione professionale.
- Implementare strumenti tecnologici efficaci: è essenziale che gli strumenti tecnologici adottati siano un prezioso aiuto e non una perdita di tempo e causa di stress.
- Stabilire aspettative chiare: una comunicazione aperta tra i recruiter e il management può aiutare a gestire le pressioni e le urgenze in modo più efficace, riducendo il rischio di burnout legato a scadenze stressanti.
- Promuovere il benessere mentale: iniziative come sessioni di mindfulness, supporto psicologico e sessioni di fitness possono contribuire a mantenere l’equilibrio emotivo dei recruiter.
- Monitorare i carichi di lavoro: mantenere una visione realistica delle aspettative e fornire risorse adeguate può alleviare la tensione e garantire che i recruiter siano in grado di svolgere il loro lavoro senza stress.
Conclusioni
In un panorama lavorativo in continua evoluzione, la prevenzione del recruiter burnout risulta fondamentale per garantire il successo sostenibile delle organizzazioni. Affrontando le sfide uniche del momento attuale, i recruiter devono far fronte all’intensa pressione derivante dalla pandemia, l’adattamento al lavoro remoto e la gestione di carichi di lavoro sempre più complessi.
Riconoscere e comprendere i sintomi del burnout è il primo passo verso la creazione di strategie di prevenzione efficaci. La manifestazione di affaticamento fisico ed emotivo, il cambiamento nelle dinamiche relazionali e la riduzione della produttività sono campanelli d’allarme che non dovrebbero essere ignorati.
In conclusione, il riconoscimento e l’attenzione al benessere dei recruiter non solo salvaguardano la salute individuale, ma contribuiscono anche al successo complessivo delle aziende. L’investimento nella prevenzione del burnout è un investimento nella forza trainante di ogni organizzazione: le persone. Sostenendo i recruiter attraverso un ambiente di lavoro equilibrato, attento e sostenibile, le aziende possono prosperare, costruendo team resilienti e garantendo un futuro promettente in un mondo del lavoro in costante mutamento.