Il tasso di natalità italiano non è mai stato così basso: appena 1,2 nascite per donna. Con meno di 400mila nuovi nati l’anno, c’è chi come Elon Musk, afferma che «l’Italia sta scomparendo!». Mettendo da parte toni tanto catastrofisti, il tema resta: la bassa natalità genererà un saldo demografico negativo della popolazione in età lavorativa. Se ai pochi nuovi nati aggiungiamo i decessi, i pensionamenti e tutti coloro che già oggi sono fuori dal mercato del lavoro (pensiamo, ad esempio, al grande peso del gender gap che tiene in panchina la metà delle donne occupabili), capiamo perché in futuro si potrebbe soffrire di una grave mancanza di capitale umano. Come conferma Alessandro Rosina sul Corriere della Sera, infatti, «se c’è una cosa certa del futuro del nostro Paese è che a metà di questo secolo ci saranno molte più persone nella fascia anziana e ancor più ridotta sarà la componente giovane-adulta. Per rispondere a questo cambiamento, continuando a garantire benessere e sviluppo, non c’è altra strada che rafforzare il lavoro».
Più servizi e nuove strategie
Una popolazione che decresce innesca, infatti, problemi di sostenibilità, in primis nell’occupazione, ma anche nelle pensioni e nell’assistenza sanitaria. Secondo lo studio “Rinascita Italia” di The European House – Ambrosetti, il rapporto tra pensionati e lavoratori al 2050 potrebbe essere di 1 a 1, con evidenti implicazioni sul disavanzo pensionistico e l’incremento dell’età lavorativa per sostenerlo (stimata sfondare quota 70 anni). Sul fronte della spesa sanitaria, il progressivo invecchiamento della popolazione italiana potrebbe portare a un incremento di circa 220 miliardi di euro (9,5% del PIL) al 2050, rispetto agli attuali 130 miliardi di euro (6,7% del PIL). Non solo: interi settori potrebbero rimanere scoperti, anche nei servizi essenziali. Per questo, le azioni da mettere in campo dovrebbero essere più d’una: dal favorire un’immigrazione regolare, formata e qualificata, al sostenere l’aumento del tasso di partecipazione al lavoro per giovani, donne e Neet, fino alla tecnologia, un’indiscussa alleata in questo scenario. Questi fattori, se approcciati strategicamente, potrebbero portare a un maggior bilanciamento. Prendiamo, ad esempio, la questione femminile: con politiche – sia pubbliche che private – mirate a un maggior supporto nei servizi all’infanzia, con misure di flessibilità e conciliazione, con un rinnovamento culturale profondo che non demonizzi più la maternità, la partecipazione delle donne al mondo del lavoro potrebbe essere notevolmente incentivata, recuperando un bacino ampio di nuove lavoratrici. A oggi, invece, in Italia lavora appena una donna su due.
Il supporto dell’AI
La tecnologia, come anticipato, è un altro fattore chiave. Può, infatti, favorire una sempre maggiore integrazione tra persone e macchina e semplificare numerose attività della quotidianità, garantendo una maggiore flessibilità e quindi un miglior work-life balance. Pensiamo, in questo senso, all’impatto positivo dello smart working nella gestione della vita privata e professionale. O alla telemedicina che può migliorare diagnosi e far risparmiare tempo e risorse. O ancora, a come i robot possono assistere il personale in attività quotidiane e routinarie. La tecnologia, inoltre, può supportare i lavoratori anziani, consentendo loro di rimanere attivi più a lungo. L’Intelligenza Artificiale, in particolare, potrebbe avere un impatto potentissimo nel riuscire a occupare determinate mansioni a bassa qualificazione che soffriranno della penuria di capitale umano, liberando, al contempo, tempo di qualità per altre lavoratrici e lavoratori. Attraverso il suo impiego, potrebbe aumentare la produttività e anche chi lavora nel recruiting potrebbe avere un beneficio immediato dall’uso dell’AI. Pensiamo, ad esempio, al supporto nella scrittura delle job description o alla creazione di domande, all’invio di e-mail di feedback personalizzati ai candidati o alla selezione dei curriculum per identificare i profili più adatti alle posizioni ricercate. Sfruttando la potenza dell’intelligenza artificiale è possibile, quindi, ridurre in modo significativo il tempo e l’impegno necessari per vagliare un gran numero di candidature. Ciò si traduce in decisioni di assunzione più rapide ed efficaci con, di conseguenza, una migliore esperienza per chi si candida.
Non solo: l’automazione può essere utilizzata anche per rendere più immediato e incentivante il processo di segnalazione interna di candidati. Inoltre, l’AI potrebbe personalizzare l’esperienza di onboarding, rendendola accora più coinvolgente, così come migliorare l’engagement delle risorse umane, monitorando il sentiment del personale attraverso vari canali, come sondaggi e chatbot, per identificare tempestivamente i problemi e intervenire di conseguenza. Allo stesso modo, introdurre l’AI in azienda, significa sostenere lo sviluppo del capitale umano, favorendo percorsi di crescita e investendo in formazione, dotando i lavoratori delle skills necessarie ad accrescere le loro competenze. Lo stesso apprendimento può essere guidato da piattaforme basate sull’AI che sono in grado di identificare le lacune nelle competenze, di consigliare corsi pertinenti e di fornire percorsi di apprendimento personalizzati. Non si tratta solo di aggiornare le competenze, infatti, ma di coltivare i talenti e promuovere la crescita professionale.
Guidare la corsa al talento
Tutto ciò porterà vantaggi rilevanti in un prossimo futuro. Le aziende, infatti, si troveranno a dover fronteggiare un mercato del lavoro sempre più competitivo e dovranno riuscire a conquistare i talenti migliori. Per questo, dovranno quanto prima iniziare a lavorare sulla propria reputazione, attivare strategie di employer branding, favorire lo sviluppo di soluzioni innovative per l’attraction e la retention del personale. A parità di ruolo e di retribuzione, saranno queste strategie a differenziare le organizzazioni e a indirizzare le scelte dei candidati. Il punto non è, quindi, capire se le macchine ruberanno il lavoro agli uomini, ma comprende come utilizzare l’AI e le altre innovazioni tecnologiche per far fronte a un futuro del lavoro in cui non mancheranno i lavori, quanto piuttosto i lavoratori. Per questo, la battaglia per i talenti di domani inizia già oggi.