Entro il 2025, Gen Z e Millennails costituiranno oltre il 75% del capitale umano delle imprese, portando con loro i bisogni, i linguaggi e le aspirazioni di generazioni che stanno ridisegnando il senso più profondo del lavoro. Per le aziende, conoscere appieno “i nuovi giovani” significa capire non solo come attrarli, ma anche e soprattutto come renderli fedeli.
Guardiamo in dettaglio alla Gen Z, ovvero a coloro che sono nati tra il 1997 e il 2012. Parliamo di una generazione che ha messo in discussione la gerarchia classica dei valori, anteponendo il benessere mentale e l’equilibrio personale al successo professionale. Secondo la Deloitte Global GenZ e Millennial Survey – condotta su 22 mila persone in 44 paesi al mondo – ben 7 giovani su 10 in Italia affermano che famiglia e amici sono più importanti della carriera. Di conseguenza, la modalità lavorativa più desiderata è la piena flessibilità, ovvero il poter decidere in autonomia dove e quando lavorare. Un bisogno talmente forte che l’80% del campione lascerebbe il lavoro se costretto a tornare in ufficio a tempo pieno.
Al desiderio della flessibilità si accompagna quello della disconnessione, come tutela per la propria salute mentale. GenZ e Millennials italiani danno grande valore al tempo extra-lavorativo: più di un terzo controlla raramente o non controlla mai le e-mail al di fuori dell’orario di lavoro e il 39% della GenZ vorrebbe la settimana lavorativa da 4 giorni. Attenzione però, perché per profili alle prime esperienze, optare per una modalità full remote potrebbe essere controproducente: per formarsi, i giovani, devono lavorare al fianco dei più esperti, con tutor e coach informali. Solo così potranno accrescere le loro competenze, sia hard che soft.
Quando parliamo di crescita, per altro, tocchiamo un tasto molto caro alla GenZ. La formazione è uno degli elementi a cui le nuove generazioni prestano più attenzione: sul lavoro cercano occasioni di crescita, percorsi che possano farli uscire dalla zona di confort e una chiara visione di quali obiettivi potranno raggiungere in futuro. La formazione diventa quindi la chiave per il loro pieno coinvolgimento. Quando ciò non accade, i giovani sono pronti a mollare. Veniamo non a caso dagli anni delle “grandi dimissioni” e del “quite quitting”, la rinuncia silenziosa al lavoro. Anni segnati dall’impatto della pandemia e pervasi dal nuovo senso del lavoro di cui si sono fatte portatrici le generazioni più giovani. Uomini e donne che non hanno paura di chiedere e di far sentire le proprie ragioni. Ragazzi e ragazze che non stanno fuggendo dal lavoro tout court, ma che stanno rifiutando la “hustle culture”, ovvero il lavoro fine a se stesso.
Se un tempo la retribuzione era la chiave primaria per tenere le persone legate a un posto di lavoro, oggi alla Gen Z questo non basta più. L’affinità con l’azienda è determinata dalla continuità valoriale. Sostenibilità, inclusività, integrazione con i tempi di vita: è questa la cultura che i giovani cercano in un posto di lavoro. Una ricerca che compiono sfruttando anche il digitale: pensiamo non solo alle piattaforme digitali di recruiting, ma anche ai social network delle aziende e ai siti come Glassdoor in cui è possibile ricercare insights sulle aziende per le quali ci si è candidati. Per altro, la GenZ è la prima generazione nativa digitale e questo si ripercuote anche sul lavoro. Cercano ambienti digitalizzati, in cui l’intelligenza artificiale sia di casa. Le aziende devono quindi rinnovarsi, pena una perdita di attrattività.
Ecco, dunque, i consigli indispensabili per creare una relazione (quasi) perfetta con la Gen Z:
- investire nella flessibilità: è un’aspettativa reale della Gen Z, supportata dall’esperienza pandemica. I giovani cercano organizzazioni smart, con politiche concilianti. A prescindere da quale sia la formula scelta, l’azienda deve dimostrare alle sue persone di credere in un sano equilibrio tra lavoro e vita privata e di dare la possibilità di bilanciare efficacemente entrambe le esigenze. Il lavoro, del resto, è una comunità composta da esseri umani;
- trovare nuove forme di collaborazione: smart working sì ma senza dimenticare la cultura di team. Sentirsi parte di un’azienda è un valore chiave per la GenZ: il management ha la responsabilità di identificare modalità innovative per favorire entrambe le dimensioni;
- rendere chiari i valori: il manifesto dei valori è un must have per tutte le aziende che vogliono parlare ai giovani. Purchè, però, i valori siano autentici e coerenti con le azioni che vengono sviluppate quotidianamente;
- generare un impatto positivo: la GenZ vuole lavorare per aziende responsabili, che abbiano un impatto sostenibile sui territori e sulle comunità. Esplicitare l’impegno nella sostenibilità e ancorare i principi ad azioni e iniziative trasparenti e misurabili è fondamentale. In pratica, le aziende devono investire in politiche ESG (ambiente, società e governance) e tenersi alla larga dal greenwashing;
- essere inclusivi: siamo tutti diversi eppure tutti unici. Alle imprese si chiede di valorizzare le diversità, risolvendo divari storici come il gender gap, e facendo passi avanti importanti in materia di equità e inclusione;
- occuparsi delle persone: yoga, mindfulness, sedute di psicoterapia, ci sono molti modi per prendersi cura della salute mentale del proprio capitale umano. Offrire una o più di queste soluzioni dimostra alla GenZ che l’azienda ha a cuore non solo la produttività, ma anche il benessere delle persone;
- onestà, fin da subito: indicare fin dal primo momento nell’annuncio di lavoro quali sono le caratteristiche della posizione, la retribuzione, la modalità organizzativa, i valori e gli impegni presi, è un plus che la GenZ non potrà non apprezzare;
- abbracciare la tecnologia: la GenZ è cresciuta con la tecnologia e si aspetta di poter lavorare per aziende digitalizzate e innovative. Investire in tecnologie all’avanguardia aiuterà ad attrarre un maggior numero di giovani talenti e a coinvolgerli maggiormente nelle attività di selezione e sviluppo di carriera;
- garantire retribuzioni competitive e benefit adeguati: lo stipendio non è tutto, ma è importante. Nonostante la GenZ abbia molto a cuore i valori, sa anche quanto sia cruciale avere una retribuzione allineata alle competenze e premiante rispetto all’impegno profuso nelle attività;
- investire tempo ed energie in un onboarding efficace: i primi momenti sono fondamentali per determinare l’esito di una relazione professionale. Diversi studi dimostrano che un onboarding efficace può aumentare la fidelizzazione dei dipendenti fino all’82% e la produttività di oltre il 70%. Eppure, secondo Gallup, solo il 10% delle persone ritiene che la propria organizzazione abbia fatto un buon lavoro in fase di ingresso sul lavoro. C’è margine per migliorare e distinguersi;
- promuovere la crescita: più di tre quarti (76%) dei dipendenti della Generazione Z crede che l’apprendimento sia la chiave per una carriera di successo, per questo è bene assicurassi che la propria organizzazione promuova opportunità di formazione continua con percorsi strutturati e personalizzati;
- guida con l’esempio: per far fronte ai grandi cambiamenti portati sul lavoro dalla GenZ, servono leader e manager disposti a mettesi in gioco e a guidare in modo etico dando il buon esempio. Tutto ciò significa: umiltà, trasparenza, impegno, fiducia. Quando i membri del team si fidano l’uno dell’altro, tutto funziona meglio.