“Siamo in un momento in cui il paradigma è cambiato: non sono più le aziende a scegliere i candidati ma sono i candidati che scelgono l’azienda” – sostiene perentoriamente Jessica Marchioro, Talent Acquisition Manager Eurospin Italia, chiamata a intervenire al Phygital Talk di apertura della terza edizione del Forum Talent Acquisition, svoltosi a Roma il 9 marzo, e condotto da Enrico Ariotti, CEO & Co-Founder nCore HR.
Si tratta di un ribaltamento, segno di un cambiamento di tendenza, che il fenomeno della Great resignation palesa anche in Italia. Questo indirizzo di nuova mobilità del lavoro, ancorché anomalo sotto diversi aspetti, consegna a talenti e candidati nuove possibilità di scelta e di decisione che mettono in crisi assetti e certezze precedenti, ponendo il settore HR di fronte alla necessità di una riorganizzazione.
Anthony Klotz, docente di management della University College of London che ha coniato il termine Great resignation, in una recente intervista alla CNBC, segnala come nel 2023 le aziende stiano moltiplicando gli sforzi per attrarre e trattenere i talenti. Anche gli esperti di McKinsey evidenziano che le imprese devono riattrezzarsi per ripensare le loro strategie di ricerca e selezione del personale.
La domanda posta nella nuova edizione del Forum Talent Acquisition è quindi assolutamente attuale e pertinente: il recruiting in crisi? E quali sono i fattori di attrazione per vincere la Great resignation?
Cosa si muove sul campo in Italia
All’evento del Phygital Talk, insieme a Jessica Marchioro, hanno partecipato Matteo Berlino, Global HR Manager Poke House, Filippo Cecchitelli, Responsabile Selezione e Sviluppo Poligrafico e Zecca dello Stato Italiano, Oscar Correnti, Head of Permanent Division Risorse e Angela Lepore, Group HR Director SeCo.
Enrico Ariotti, nel ruolo di intervistatore, ha incalzato gli intervenuti, chiedendo in prima battuta a Filippo Cecchitelli se in un concetto di talent acquisition piccoli cambiamenti debbano essere apportati anche nella fase di pubblicazione di un annuncio di lavoro nel quale si potrebbe esporre qualcosa che va oltre le classiche skill richieste.
E l’interlocutore accetta volentieri di essere spronato in questa direzione. Proprio perché l’azienda Poligrafico e Zecca dello Stato Italiano, che oggi supporta la trasformazione digitale del paese, di cui spesso all’esterno si ha una visione distorta e riduttiva della sua attività, ha bisogno di essere meglio raccontata per attrarre i talenti.
“Lanciare una job position senza fare uno sforzo per raccontare l’azienda diventa inefficace” – spiega Filippo Cecchitelli, il quale sottolinea anche come sia importante comunicare i valori aziendali con i quali peraltro occorre essere coerenti all’interno.
Per affrontare i nuovi processi di trasformazione del mondo del lavoro Angela Lepore, Group HR Director SeCo, società tech che ha sede in Italia ma opera su scala globale con uffici in Europa, Nord America e Asia, parla di “logica di profilazione del candidato”. “Non si può più parlare di candidato in termini generici e indistinti – secondo Angela Lepore. Bisogna capire le necessità della persona che si ha di fronte. Il percorso all’interno dell’azienda, del resto, è sempre più breve. La verità è che ormai le carriere si fanno attraverso le aziende e meno spesso nell’azienda“. In questo senso, ad esempio, l’investimento sui senior è su 3-5 anni e per trattenere queste risorse bisogna impostare il rapporto facendo capire che dal percorso personale in azienda riceveranno in cambio un valore.
Persone
Sicché l’approccio muta e, visto dall’osservatorio di Eurospin, che ha oltre 20mila dipendenti, questo significa una maggiore attenzione a relazionarsi, nei vari touchpoint come il colloquio, ai veri e diversificati bisogni e alle motivazioni delle persone. Le quali s’informano molto prima sull’azienda nel momento antecedente il contatto a fini lavorativi.
Quanto sia centrale la persona e fondamentale il rapporto con le persone per il successo aziendale lo mette in luce Matteo Berlino, Global HR Manager di Poke House, impresa che ha 126 store aperti in tutta Europa.
“La differenza la fanno le persone in primis – è il parere di Matteo Berlino. Il segreto di Poke House è la mentalità di un’azienda che ha 5 anni di vita e che affronta le sfide senza avere processi e sovrastrutture tali da permettere di sapere esattamente cosa fare in ogni circostanza. Questa forma mentis è il suo punto di forza perché è patrimonio diffuso di tutte le persone che popolano l’azienda, pronta a confrontarsi con i problemi davanti ai quali ci si adopera per trovare soluzioni senza avere ricette già bell’e pronte e preconfezionate.
Attrarre i candidati è più facile quando si prende spunto dai bisogni reali del personale, precisa Matteo Berlino. Così facendo, si trasmette in modo trasparente a chi si avvicina a Poke House, la verità e la realtà di una particolare vita aziendale in maniera che si sappia cosa ci si deve aspettare.
Mobilità e questione giovanile
Il mercato del lavoro, però, sta vivendo un cambiamento drastico soprattutto nella fascia dei più giovani. In base a una indagine di KPMG, citata da Oscar Correnti, Head of Permanent Division Risorse, la permanenza media in azienda diminuisce sensibilmente via via che si arriva alle generazione di oggi. Mentre per i baby boomer è di 8 anni circa, nei Millennial precipita a 2,5 anni e nella Gen Z crolla fino a 1,2 anni.
Pertanto, la sfida delle sfide in ambito HR, visto che queste trasformazioni stanno diventando strutturali, secondo Oscar Correnti, è ripensare al modello organizzativo di un’azienda. Che fare, allora? Andrebbero creati back-up di competenze per minimizzare costi e difficoltà in caso di sostituzione di chi se ne va, e job rotation orizzontali oltre che verticali.
La questione di una diversa organizzazione aziendale, tema ripreso da Filippo Cecchitelli, potrebbe avere valore anche in una ottica di employee retention. Qui il problema messo in luce è quello di una dimensione più agile e meno verticale dell’azienda, di un sistema basato su principi autonomia, responsabilità, fiducia, e delega in grado di stabilire condizioni migliori che soddisfino specialmente i più giovani.
Giovani che rappresentano l’epicentro dei mutamenti in atto. “I ragazzi nuovi che si avvicinano – rilancia Angela Lepore – il tema della dirigenza non ce l’hanno più nemmeno come punto di arrivo. Questo era il sogno del Millennial”. Emerge dai giovani – continua la dirigente di SeCo – una richiesta di senso, una conciliazione con i bisogni di vita personale che non è soltanto il work-life balance. Insomma, il lavoro per i giovani della Gen Z è una delle cose che s‘inserisce nella personale esperienza di vita. E il management deve cambiare approccio e comprendere queste nuove attitudini. Anche la talent attraction non può non tenere in considerazione i cambiamenti della cultura giovanile sul lavoro e costruire dei percorsi lavorativi in armonia con le loro differenti e nuove esigenze. E’ chiaro, agli occhi di Angela Lepore, che “bisogna prepararsi a lavorare con l’idea che gli organici si ricambiano con straordinaria frequenza“.
A questo punto, si chiede Enrico Ariotti, le aziende sono pronte a fare questi cambi, e a gestire al meglio e in modo reattivo questa fase?
“Dobbiamo essere agili in Eurospin – risponde Jessica – soprattutto nel core business. Ma la priorità non è più la crescita verticale. E’ un orizzonte troppo lontano. L’azienda cerca di lasciare spazio alle persone che lavorano e chiede a loro di essere proattivi”.
Tecnologia al servizio del cambiamento
Nello spaccato delineato dai vari interventi dove trova posto la tecnologia? Qual è la funzione del fattore tecnologico?
In ambito HR, – secondo Matteo Berlino – la sfida è come si gestiscono le persone a tutto tondo, dalla parte di attraction fino all’onboarding, cioè in tutto il ciclo di vita del dipendente. In questo senso, si tratta di avere strumenti tecnologici per avere e gestire i dati e che consentano all’azienda di gestire i processi in maniera veloce. Ed è importante altresì che nelle aziende ci sia un superamento della moltiplicazione degli strumenti, adottando tecnologie uniformi, come database e software unici – sottolinea Enrico Ariotti.
Tecnologia e sensibilità umana hanno però bisogno di andare di pari passo, a giudizio di Oscar Correnti. Ed è necessaria una tecnologia che sia conforme alla tendenza non più client-based ma candidate-based.
“I candidati cercano dei percorsi di carriera chiari, un ambiente di lavoro sano e dove possano esprimere il loro talento, politiche retributive corrette e sentirsi parte dell’azienda” – specifica Oscar Correnti. In questo senso, dati i cambiamenti, occorre una forma che integra ATS e CRM considerando il candidato un lead. I profili validi oggi infatti hanno la possibilità di scegliere e l’approccio del recruiter da passivo deve diventare attivo se vuole essere efficace. Senza dubbio, l’apparato tecnologico è importante a sostegno della fase di ricerca e di analisi dei dati. Nella fase di selezione, però, entra in gioco il fattore umano che, nel processo di recruiting, a questo livello, diventa determinante.